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Tunisia Romana, Viaggio Archeologico in Terra d’Africa

 

 

Una settimana entusiasmante da vivere come un viaggio nel tempo

Un viaggio itinerante attraverso un territorio rimasto quasi immutato dal tempo dell’Antica Roma, che ci porterà a visitare ricche città del passato ancora oggi stupendamente conservate, luoghi di famose battaglie e avamposti di frontiera.

IL PROGRAMMA

Un viaggio che parte dalla costa Mediterranea, passa attraverso le fertili pianure del Tell
e si spinge a Sud, fino ai confini del Limes Tripolitanus, l’antico confine dell’Impero Romano, dove incontreremo la magia del Sahara con le dune dorate e le magnifiche stellate.

Una settimana per rivivere i cinque secoli di storia Romana in Terra d’Africa,
quando le ricchezze agricole dell’Africa Proconsolare erano indispensabile sostegno
dell’Impero Romano e si diceva: “chi tiene l’Africa, tiene Roma”

Un viaggio anche per capire meglio quanto sia stretto e intrecciato nella storia il legame
tra l’Africa e le Terre Italiche, unite fin dagli albori della civiltà dal Mare Nostrum,
da cui giunsero anche Didone ed Enea.

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Era il 146 a.c. quando Cartagine si arrese a Roma.
Nacque così la nuova provincia d’Africa: “Africa Terre”.

Per circa un secolo Roma lasciò ai Numidi il controllo della regione, ma nel 46 a.c. entrò in campo Giulio Cesare che sconfisse il re Numida Giuba e mise a capo della colonia veterani.
Dopo due anni venne rifondata Cartagine come Città Romana.
Ora Roma aveva il pieno controllo della regione e Cartagine divenne la Capitale dell’Africa Proconsolare. Così ebbero inizio i cinque secoli di dominazione Romana.

Già nel I secolo le zone fertili dell’attuale Tunisia fornivano più del 60% dei cereali dell’Impero Romano e un cospicuo quantitativo di olio e vino.
Assai floridi erano anche i commerci verso Roma di fiere, oro, avorio e di schiavi.

La ricchezza che derivò da queste produzioni e dai relativi commerci, finanziò la costruzione di grandi città con monumentali edifici e, come sempre, la ricchezza generò anche potere.
L’influenza Africana nell’Impero crebbe sempre più fino ad avere degli imperatori nati nelle Afriche Terre.

Il percorso della storia ha voluto che le vestigia del passato Romano in terra Tunisina siano ancora assai ben conservate ai giorni nostri, permettendoci di vivere questa avventura archeologica come un viaggio nel tempo.

Penso spesso al grande popolo del Mediterraneo e credo che una lingua comune, seppur frutto di una dominazione, avrebbe aiutato tanto l’integrazione fra le due sponde del Mare Nostrum.

(Tunisi, Utica, Bizerte)
Incontro in aeroporto a Tunisi (ore 13,00) e partenza in direzione Bizerte. Sosta e visita di Utica, la più antica città Punica della Tunisia, fondata secondo i racconti di Plinio il vecchio, da genti provenienti da Tiro nel 1101 a.c. cioè ben 287 anni prima di Cartagine. Utica è il sito giusto per presentare questo viaggio, perché la sua storia attraversa da protagonista tutta la storia della “Tunisia Romana”. L’antica città un tempo importante porto, oggi si trova a 12 chilometri dalla linea di costa e a 27 chilometri da Tunisi lungo la strada che conduce a Bizerte. Dell’antico splendore sono rimaste molte ville ricche di mosaici, tra cui spicca la “Casa della Cascata” una ricca villa che prende il nome dalla grande fontana che si trova al suo interno. Dopo questo primo “assaggio” proseguiamo per Bizerte, (Hippo Diarrhytus in epoca Romana) dove ci fermeremo per la notte. Bizerte è una città Mediterranea prima ancora che Africana, i colori, i profumi e le architetture della città vecchia sono intrise di secoli di storia e avventure di Mare; un buon luogo per iniziare questo viaggio nella storia. In serata visita alla Medina, alla Kasbah e all’affascinante vecchio porto adornato di piccole barche dai colori vivaci, sul cui lato orientale si sviluppa il piccolo quartiere italiano dove vivevano i pescatori siciliani e i corallari che si erano trasferiti qui nell’ottocento. Cena e pernottamento

(Bizerte, Bulla Regia, Dougga, El Kef)
Lasciamo Bizerte (Hippo Diarrhytus) e la sponda sud del Mare Nostrum per iniziare a scoprire il fertile entroterra, il Tell. Un insieme di morbide e fertili colline che resero queste terre per Roma tra le più ambite e preziose dell’intera Provincia d’Africa.
Dopo un paio d’ore di strada panoramica raggiungiamo la prima “perla” di questo viaggio: Bulla Regia. Misteriosa e sorprendente con le sue fantastiche ville ipogee pavimentate con superbi mosaici di fattura assai raffinata. Sia i decori che le architetture si sono conservate praticamente integre fino ai giorni nostri e ci lasciano facilmente immaginare l’opulenza dei ricchi latifondisti e mercanti che ne erano proprietari. Proseguiamo il nostro itinerare attraversando il fertile Tell, vedendo scorrere intorno il paesaggio armonico di morbide colline e altopiani coltivati che ci aiutano a leggere la storia e il presente di questa terra. Arrivati a Teboursouk iniziamo a salire i tornanti che ci porteranno a Dougga.
Dougga “la dorata” è una delle meraviglie archeologiche più suggestive e meglio conservate dell’intera area mediterranea, le sue imponenti architetture sono costruite con pietra di colore giallo che quando è illuminata dal sole risplende e sembra d’oro. Lo stato di conservazione della città è sorprendente, come lo è la maestosità dei tanti monumenti, dal favoloso teatro costruito nel 188 da Marcus Quadratus e in grado di ospitare oltre 3500 persone, l’imponente Campidoglio, il foro, la piazza dei venti, i tanti templi, le terme, gli archi, le ville patrizie con i ricchi decori, il suggestivo obelisco del mausoleo Libico Punico, le latrine, il lupanare e i meravigliosi selciati delle vie… Ma oltre alle meraviglie archeologiche quello che rende straordinaria Dougga è la vita che continua a svolgersi tra i resti antichi, i contadini e i pastori che vivono e lavorano nel sito, che per loro è casa. Centinaia di ulivi coltivati lambiscono l’antico centro e le greggi di pecore e capre vi pascolano. I pastori e i contadini con le vesti lunghe sembrano parte di una rievocazione storica, invece è tutto vero. Qui il tempo scorre lento e silenzioso, in armonia con il paesaggio e la sua gente dentro un’atmosfera densa di sapienza antica e concretezza contadina. Dougga risplende aurea nella luce calda della sera, mentre sullo sfondo in basso gli infiniti campi di grano come un mare di fertilità danzano sinuosi.
Riprendiamo il viaggio nel presente lungo la comoda via asfaltata che ci conduce a El Kef, la bellissima città bianca vicina alla frontiera Algerina, dalla storia intrigante.

(El Kef, Hammam Mellegue, Haidra, Sbeitla)
L’aria piacevolmente fresca del mattino si fa sentire a El Kef che si trova a 780 metri di quota, ma regala superbe vedute sulla pianura circostante e sulle alture, ne visitiamo l’affascinante centro storico, bianco ed elegante. El Kef è un’altra Tunisia rispetto a quella della costa, anche un altro islam, siamo in terra Berbera lo si vede dalle facce affilate e dai fisici snelli dei suoi abitanti e lo si respira. La città si sviluppa su una collina rocciosa, il nome trae origine da Kaf che significa roccia in Arabo. Su questa altura strategica nel 500 a.c. i Cartaginesi fondarono l’insediamento di Sicca per controllare le popolazioni Numide della zona che in realtà mai si assoggettarono ai punici. Sicca nell’antichità era celebre per il santuario dedicato alla dea Astarte, dove si praticava la prostituzione sacra. Con la conquista romana il luogo di culto venne dedicato a Venere e la città prese il nome di Sicca Venerea. Lo spirito ribelle della città di frontiera rimase nei secoli e più volte si ribellò a Roma e in epoche successive alle dominazioni arabe e ancora oggi questa indole ribelle di città di frontiera si percepisce. La strada sale ripida fra le case bianche fino alla Basilica, un edificio costruito in epoca romana e poi trasformato in chiesa dai bizantini, prima di diventare moschea con l’avvento dell’islam. Oggi questo edificio è sconsacrato ed è stato restaurato cercando di riportarlo alle sue origini architettoniche, è adibito a museo ma per la gente è ancora la Grand Mosqué. Salendo gli scalini bianchi raggiungiamo la bella Zaouia di Sidi Abdallah Bumakhlouf il santo patrono della città, è un posto bello, armonico e rilassante, ombreggiato dal verde degli alberi. È un edificio elegante con tre cupole bianche e porte verdi. Saliamo ancora fino ad arrivare alla grande fortezza della Kasbah costruita sulla roccia a strapiombo che la rende ancora più imponente. Dalle feritoie dei bastioni alti si ha una vista bellissima sulla città vecchia che ingloba gli scavi romani dove spiccano le colonne delle terme, e sul grande altopiano. Scendiamo camminando fra i vicoli del vecchio quartiere Ebraico dove all’interno di un piccolo cortile si trova la Sinagoga. Qui per secoli ha vissuto una numerosa comunità giudaica, oggi non esiste più, ma c’è una famiglia che vive qui a fianco che custodisce l’edificio e il suo tesoro: tre rotoli delle Torà scritti mano molto antichi che emanano un gran fascino.
Lasciamo El Kef “la bianca” e proseguiamo verso Sud, le montagne algerine sullo sfondo sono molto belle e si perdono in lontananza in un orizzonte indefinito. Scendiamo verso il fiume Mellegue circondati da colline multicolori dominate dal rosso degli ossidi di ferro. Qui si trovano incredibilmente conservate e funzionanti, delle antiche terme Romane. Dall’esterno è poco più di un insieme di ruderi, ma entrando è sorprendentemente bello. Si scendono due rampe di scale e ci si trova dentro il calidarium, una grande stanza scavata nella roccia, con una piscina che emana vapori, sulla volta un lucernario che illumina la stanza con una lama di luce, è un posto fuori dal tempo. Proseguiamo verso Sud costeggiando il confine Algerino dove si erge maestosa la sagoma della Tavola di Giugurta, la famosa montagna fortezza dove si racconta che Giugurta, l’ultimo re unico Numida, avesse la sua roccaforte inespugnabile. La Tavola è una montagna di 1271 metri con la sommità piatta, un’enorme fortezza naturale che incute rispetto e saperla roccaforte dei guerrieri numidi, per i legionari di Roma non doveva essere piacevole.
Proseguiamo fino ad arrivare ad Haidra (Ammaaedara). Ci accoglie una larga strada romana che con il suo splendido selciato attraversa il sito a metà, puntando a nord verso Carthago e a sud verso Thebessa, oggi Algeria. Intorno a noi una grande città abbandonata con la maggior parte degli edifici ancora da scavare. Dal terreno spuntano ovunque colonne, portici e resti di mura. Oltre noi ci sono solo le pecore, le capre e il pastore guardiano. Più che viaggiatori ad Ammaedara ci si sente esploratori, è forse il sito dall’atmosfera più affascinante del viaggio, sembra che il tempo si sia fermato. La via antica è fiancheggiata da tombe delle quali sono rimaste numerose vestigia, l’arco di trionfo, dedicato a Settimio Severo è il monumento più appariscente che risale all’anno 195, è in perfetto stato di conservazione e circondato da un fortino bizantino. Mentre poco più avanti si trova il cimitero dalla Legione Augustea. La strada moderna che porta al confine Algerino attraversa il grande foro e a monte della strada si trovano i resti del Campidoglio, dove spicca una grande colonna, a fianco il mercato, le terme, i ruderi di importanti ville e quelli del teatro. Nella necropoli, a sud-est, si trovano i resti di un’affascinante chiesa bizantina a tre navate con abside rivolta a est, sovrapposta a una chiesa più antica la cui abside è rivolta a ovest, mentre scendendo verso valle si può visitare un mausoleo a due piani molto ben conservato che si affaccia sul fiume Haidra.
In realtà sono tantissimi i reperti intorno a noi e la maggior parte è ancora sconosciuta e protetta nel sottosuolo, ma forse è proprio questo che rende così affascinante le rovine dell’antica Ammaedara e a questa atmosfera surreale contribuiscono anche i binari abbandonati della ferrovia che si spengono nel nulla verso il confine algerino.
Proseguiamo verso sud passando sul fianco del Jbel Chaambi con i suoi 1544 mt il monte più alto della Tunisia, dove con molta fortuna è possibile avvistare l’aquila del bonelli e poi raggiungiamo Sbeitla, dove passeremo la sera e pernotteremo per poi visitare domani mattina la stupenda Sefetula.

(Sbeitla, Thélepte, Gafsa, Tozeur)
La mattina è dedicata alla visita di Sefetula: un largo vialone lastricato ci conduce alle grandi terme con annesse palestre, in alcuni tratti i pavimenti sono crollati e si vede benissimo il sistema di riscaldamento, mentre dove i solai sono integri i pavimenti a mosaico sono bellissimi. Come in tutte le città romane anche qui ci sono le scanalature per le porte a scorrere dei negozi e le esplicite indicazioni che indicavano la via per raggiungere i lupanari. Lasciate alle spalle le terme ci troviamo davanti il teatro, il vialone principale ci porta davanti alla porta di Antonino, è uno dei monumenti più antichi della città, risale a quanto pare al 139, un grande triplice arco dedicato a Antonino Pio e ai figli adottivi Marco Aurelio e Lucio Vero. Dall’arco si entra nel grande foro circondato da colonne, che conduce al magnifico Campidoglio con il tempio di Giove al centro e quelli di Giunone e Minerva ai lati, che qui ancora di più che negli altri siti visitati, regalano una visione d’insieme di grandiosità e armonia. Spostandosi appena fuori si incontrano tre basiliche Bizantine costruite su preesistenti templi, la più grande è la chiesa di San Severio, la più bella è la basilica di SanVitale che fu costruita nel sesto secolo nel cui perimetro di mura si trovano tre fonti battesimali rivestite a mosaico perfettamente conservate. Il sito è molto esteso e ricco di ville e templi, camminando verso nord ovest si incontrano i resti dell’immancabile arco dedicato a Settimio Severo, più avanti un grande anfiteatro ancora da scavare, poi il grande ponte che attraversa il fiume Sbeitla e poco prima dell’uscita, il grandioso Arco di Diocleziano.
Lasciata la splendida Sefetula proseguiamo passando per Kasserine (Cillium) che fu colonia romana dal III secolo. Continuiamo verso sud attraversando un ambiente stepposo e sempre più arido, nei pressi di Feriana ci fermiamo per una sosta assai suggestiva a Thélepte. Questo villaggio oggi abbandonato, conserva rovine di epoca romana e i resti di una basilica cristiana del V-VI secolo che fu la sede del vescovo Fulgenzio di Ruspe, uno dei padri fondatori della fede cristiana. Riprendiamo il viaggio andando incontro ad un ambiente sempre più brullo, si attraversa anche lo Oued el Kebir, il grande fiume della Tunisia, che però è secco per gran parte dell’anno. Si inizia a respirare l’aria del deserto quando raggiungiamo la città di Gafsa, l’antica Capsa, città prima Numida e poi Romana che conserva due grandi piscine di epoca romana che meritano una visita. Alimentate da acque termali, ancora oggi sono la principale attività ricreativa acquatica della città. Riprendiamo il viaggio lungo la via che fiancheggia la stretta ferrovia che, come noi, si dirige a Tozeur, il limite sud della strada ferrata. Ormai siamo nel deserto di roccia, il paesaggio è molto bello, l’altopiano brullo e sassoso ci circonda e si dissolve ad ovest nelle montagne rosate che si estendono lungo il vicino confine algerino. Si inizia a respirare l’epopea delle grandi vie carovaniere che per secoli hanno attraversato queste lande.
Sull’orizzonte si intravede un’estesa striscia verde: sono i palmeti della grande oasi di Tozeur, dove ci fermeremo per la notte.

(Tozeur, Chott el Jerid, Douz, Ksar Ghilane)
Tozeur, la Thuzuros dei Romani, è una grande oasi abitata stanzialmente da almeno 10.000 anni. Da sempre importante insediamento e snodo commerciale, nel 33 a.c. divenne romana. Tra il XIV e il XIX secolo raggiunse la sua massima importanza in quanto al centro di una delle principali vie carovaniere che collegava l’Africa al Mediterraneo, commerciando oro, schiavi, animali, spezie e datteri dei suoi palmeti.
La bella medina Ouled el-Hadef rimasta praticamente immutata dal XVI secolo, merita una visita per il fascino dei suoi stretti e labirintici vicoli e per le caratteristiche architetture geometriche costruite in mattoni di colore ocra cotti al sole. Come pure il palmeto con i suoi ingegnosi sistemi di regimazione delle acque. Girovagando nella vecchia medina si respira ancora il fascino della ricca città carovaniera, crocevia di uomini e merci che per secoli ha fatto la fortuna di abili mercanti.
Lasciamo Tozeur e i suoi palmeti e iniziamo a percorrere la lunga strada sopraelevata che attraversa il Chott el Jerid, il più grande lago salato della Tunisia, 5000 kmq di superficie, un luogo di grande suggestione che regala surreali effetti visivi. La crosta di sale che lo ricopre è sempre in costante movimento e ascoltarne “la voce crocchiante” nel silenzio che avvolge tutto è affascinante. Lasciato il Chott passiamo dai palmeti di Kebili e poi puntiamo a sud per arrivare alla grande oasi di Douz. Un giro tra i vicoli sabbiosi e una breve sosta pranzo nei tipici ristorantini per iniziare a respirare il fascino del deserto. Lasciati anche i palmeti di Douz iniziamo a fare conoscenza con il deserto, la strada ondulata e senza curve punta decisa a sud, si inizia a vedere la sabbia, prima poca, qualche piccola duna, poi sempre di più.
Si incontrano alcuni dromedari, se ne incontrano spesso, ormai il tempo delle carovane è finito e le navi del deserto finalmente libere decidono autonomamente la loro rotta. Sullo sfondo si stagliano le dune dorate del Grande Erg Orientale, come in un miraggio all’improvviso prende forma il piccolo villaggio di Ksar Ghilane, poche piccole case bianche con la volta a cupola circondate da muri per difendersi dalla sabbia e intorno qualche dromedario, asini e piccoli greggi di capre. Davanti a noi le palme della piccola oasi. Percorriamo l’ultimo tratto della pista ormai sabbiosa ed entriamo nel rigoglioso palmeto dove nel campo tendato passeremo la notte. Nella piccola oasi sgorgano acque termali e subito intorno le grandi dune dai colori cangianti dal giallo, all’ocra, all’arancio, finalmente siamo nel Sahara. Un paio di chilometri più ad ovest sopra una piccola altura circondata dal mare di sabbia, si ergono i ruderi dello Ksour di Ghilane, costruito dentro le mura del fortino Romano dell’allora Tisavar, avamposto romano strategicamente importante che faceva parte del Limes Tripolitanus, il limite meridionale dell’impero a difesa dei commerci e a prevenzione di attacchi dall’interno alle città costiere. Pernottamento in campo tendato.

(Ksar Ghilane, Matmata, El Jem, Mahdia)
Dopo aver ammirato una delle meravigliose stellate che il deserto regala, di buonora iniziamo una camminata di un paio di chilometri tra le dune per godersi una magica alba dal fortino di Tisavar. Il Grande Erg Orientale si estende maestoso ben oltre il vicino confine algerino e le sue infinite dune si tingono di colori cangianti sempre più caldi. Dune che con il sorgere del sole proiettano le loro ombre in questo mare di sabbia disegnando trame oniriche e in un attimo dissolvono il confine tra realtà e sogno. È questa la magia del deserto che con la sua devastante bellezza sconvolge ogni parametro umano, oggi come in passato.
Chissà quante visioni e quanti pensieri le sentinelle dell’impero dal fortino di Tisavar hanno liberato dentro questo mare dalle grandi onde di sabbia. Ritorniamo all’oasi per riprendere il nostro viaggio, prima di lasciare il deserto di sabbia facciamo una sosta a Bir Soltane dove in mezzo al niente tra il deserto di roccia a est e le dune dorate a ponente, protetto da una cupola di pietra si trova un antico pozzo che per secoli ha dissetato uomini e animali. Il nostro itinerare prosegue entrando nella regione di Matmata famosa per le architetture troglodite. Visitiamo Tamezret con le sue case bianche e gli austeri ed eleganti marabutti e poi incontriamo le prime case troglodite a Matmata. Siamo dentro il deserto di roccia, un paesaggio desolato e brullo che fa pensare a mondi alieni ostili all’uomo, ma in realtà le popolazioni Amazigh di queste terre qui hanno trovato protezione e sostentamento per millenni e proprio questa asprezza ambientale ha premesso loro di preservare fino ad oggi tradizioni ancestrali.
Da qui si prosegue verso la costa in direzione di Gabes (Tacapa) punto di arrivo sul mare delle antiche spedizioni carovaniere. Siamo nuovamente sulla sponda meridionale del Mare Nostrum e da qui risaliamo lungo costa per raggiungere uno dei luoghi simbolo della Tunisa Romana: Thysdrus, attuale El Jem. Lungo la strada la terra fertile della regione è ricoperta da migliaia di alberi di olivo: la ricchezza di questa terra, oggi come in passato. Thysdrus grazie alla ricchezza dei suoi coltivi, ai commerci e alla vicinanza con il mare, divenne una delle città più ricche e floride della Tunisia Romana, la testimonianza più spettacolare è il leggendario anfiteatro romano conosciuto anche come il Colosseo d’Africa. All’improvviso dalla campagna, come un miraggio appare la gigantesca arena, la cittadina bianca che si sviluppa intorno è schiacciata dall’imponenza delle monumentali mura ocra dello “stadio antico”. Attraversiamo i vicoli di El Jem e raggiungiamo l’anfiteatro dell’antica Thysdrus. Il Colosseo è maestoso e imponente anche dall’esterno, ma entrando, anche per gli ottimi restauri e per la possibilità di visitare i vari livelli, la suggestione aumenta. Era il terzo anfiteatro per grandezza della Roma antica, poteva contenere più di trentamila spettatori che qui come a Roma assistevano a spettacoli con fiere e gladiatori. Il monumento è famoso anche per l’epica resistenza della regina berbera Al Kahina che fu l’ultima ad arrendersi nel 701 all’invasione dei maomettani. Dopo una serie di vittorie contro gli invasori arabi, accerchiata si barricò all’interno dell’anfiteatro che era rifornito d’acqua da un acquedotto sotterraneo e si dice, collegato al mare con un canale sotterraneo lungo oltre venti chilometri, che permise alla donna di sfottere gli assalitori mostrando ogni giorno del pesce fresco.
In serata arriviamo a Mahdia la bella città fatimida nei pressi di Capo Africa, dove alloggeremo nel cuore della medina. Mahdia è un’elegante cittadina costruita in pietra bianca, si estende lungo una stretta penisola che si propende verso il Mare Nostrum. Gli eleganti vicoli sono belli da visitare anche a tarda sera.

(Mahdia, Zaghouan, Tuburbo Majus, Uthina, Tunisi)
Sveglia facoltativa ai primi chiarori del giorno per ammirare l’alba dall’Arco di Capo Africa, uno dei luoghi simbolo del Mediterraneo. Meritano una visita anche il cimitero con le tante tombe bianche affacciate sul mare, lo straordinario porto vecchio scavato nella roccia tenera, dove è bello osservare i pescatori che prendono il mare con le loro piccole barche a remi e il grande forte Borj el Kebir. Prima di partire una visita al porto peschereccio e al colorato mercato del pesce.
Lasciata la bella Mahdia ci spostiamo verso l’interno, il nostro viaggio sulle tracce di Roma prosegue verso nord e raggiungiamo Zaghouan, la Ziqua romana di cui conserva un Arco di Trionfo. Alle sue spalle si erge imponente la sagoma brulla del Djbel Zaghouan (mt 1295) una grande montagna rossastra che dietro un aspetto sterile cela ricche sorgenti. Ci spostiamo fino al limite delle vette rocciose per visitare l’affascinate tempio dell’acqua voluto dall’Imperatore Adriano per onorare la sorgente che garantiva l’approvvigionamento idrico a Carthago e per godere di un ambiente montano che in epoca romana pare ospitasse anche orsi. Lasciato il Ninfeo si prosegue per raggiungere Thuburbo Majus circondati da estesi campi di grano e oliveti che ci ricordano ancora quanto sia e fosse ricca questa terra. Tra i coltivi si comincia ad ammirare i resti del grande acquedotto lungo 132 km che fu costruito sotto Adriano in soli 11 anni (dal 120 al 131 d.c.) e che riforniva Carthago.
L’urbanizzazione di Thuburbo Majus è molto precedente al dominio di Roma, vi era già un insediamento Amazigh prima della conquista Punica del V secolo a.c.
Entrando nel cuore del sito è il Campidoglio con le sue grandi colonne di calcare rosa a catalizzare lo sguardo, monumentali sono anche i resti del foro, del mercato e del grande Gymnasium che fu costruito con le finanze della ricca famiglia dei Petroni. La grande ricchezza di denari e d’acqua è mostrata dai cinque impianti termali e numerosi templi tra cui quelli delle divinità puniche di Baal romanizzato in Baal Hammon e Tanit romanizzata in Caelestis, a ulteriore testimonianza di come i romani tollerassero e spesso facessero propri i culti religiosi preesistenti. Finito il dominio di Roma sulla città piombò il declino, i grandi edifici pubblici e i templi diventarono abitazioni e ricoveri di bestiame e le vasche e le piscine frantoi e luoghi di raccolta dell’olio.
Da Thuburbo Majus riprendiamo il nostro viaggio verso Tunisi percorrendo la via che fiancheggia il grande acquedotto di Adriano fino alla città di Oudna (Uthina). In origine insediamento berbero fu teatro di battaglia durante la prima guerra punica (255 a.c.). Divenne una delle prime colonie romane d’Africa nel I secolo e come tutte le città visitate, raggiunse il suo massimo splendore sotto i Severi. Il suo Anfiteatro che poteva contenere 10.000 spettatori ne testimonia l’importanza. L’imponente Campidoglio è devastato da una fattoria coloniale costruita proprio sul culmine del più importante edificio sacro e anche altri edifici sono mutilati da costruzioni francesi. Ma nonostante ciò rimane un sito molto bello soprattutto per i tanti mosaici ben conservati.
Ormai siamo alla periferia di Tunisi, entriamo nel centro della capitale Tunisina dove pernotteremo.

(Cartagine, Sidi Bou Said, Tunisi)
Durante tutto il viaggio, in ogni sito visitato aleggiava sempre il nome e il mito di Carthago.
Questo viaggio non poteva prescindere dalla visita della mitica città. Le tracce di Cartagine sono mimetizzate dentro la città moderna, a differenza di Roma che ti fa respirare e ti avvolge nel suo glorioso passato, Cartagine te la devi cercare e anche un po’ immaginare. Prima di raggiungere in alto la collina di Byrsa, il luogo dove Didone secondo la leggenda fondò Cartagine nell’814 a.c., visitiamo i resti delle enormi cisterne che forse erano il punto di arrivo del grande acquedotto proveniente dal Jbel Zaghouan. Lì vicino il poco che rimane del Circo Massimo, l’immenso ippodromo che poteva ospitare oltre 200.000 spettatori. Nei pressi i resti dell’anfiteatro che nel suo massimo splendore si dice che ospitasse più di 36.000 spettatori, si riconosce bene, è praticamente abbandonato ma forse proprio per questo ancora più affascinante, con i gradoni erbosi e con i camminamenti sotterranei scuri e muschiosi che sanno di mistero, in queste pietre sembra di sentire ancora l’odore del sudore e del sangue di fiere e gladiatori. Salendo verso la Byrsa spuntano reperti ovunque, il panorama è dominato dalla grande cattedrale sconsacrata di San Luigi che fu costruita dai francesi nel 1884 proprio sul culmine del colle, dove era il cuore dell’antica Carthago, per ostentare il proprio potere. Città sopra città, sopra città, ognuna con i propri simboli da ostentare e gli altri da cancellare. Questa è la storia della collina della Byrsa che si erge davanti al mare in posizione di dominio sul superbo Golfo di Tunisi e sulle lagune e pianure circostanti (dove oggi si estende a perdita d’occhio Tunisi).
Dell’epoca Romana sulla sommità spianata della collina rimane ben poco, dietro la chiesa c’è il museo Archeologico che è ricco di reperti eccezionali che ci aiutano a ricostruire la Cartagho Punica e quella Romana. Lasciato il museo scendendo verso il mare si passa dal quartiere Punico che è rimasto in ottimo stato perché fu sotterrato dai detriti degli sbancamenti fatti dai Romani, ci sono le case con i bagni interni e dei sistemi fognari molto raffinati, risalgono al terzo secolo a.c.
Lasciamo le case del Tempo di Annibale e arriviamo al mitico porto di Cartagine. Purtroppo non si vede quasi niente, solo un isolotto dentro un laghetto salmastro circolare dove era il porto militare, difficile da decifrare, insabbiato e abbandonato oggi è sfruttato solo per tenerci piccole barche. Sull’isolotto si immaginano i resti di questa meraviglia con gli scivoli per mettere in mare gli armi dai ricoveri sopraelevati. Era il porto perfetto, ulteriore dimostrazione che l’evoluzione non è cronologica o perlomeno non è costante. Camminiamo lungo costa in direzione delle Terme di Antonino, iniziate sotto Adriano e terminate sotto Antonino, suo figlio adottivo e successore alla guida dell’impero. È un complesso enorme, queste erano le più grandi terme fuori da Roma e nonostante quasi due millenni di saccheggi sono impressionanti, sembra di camminare nei fori imperiali di Roma, solo che si è in riva al mare e circondati da palme. Tutto era enorme, le terme si sviluppavano su un’aerea di oltre 4 ettari e la struttura principale del frigidarium aveva colonne alte oltre 20 metri, di cui oggi possiamo ammirarne una restaurata ed innalzata che rende la misura dell’antica imponenza. Sant’Agostino che in gioventù frequentò assiduamente queste terme, più volte ricordò che gli ricordavano Dio, perché solo Dio avrebbe potuto guidare la mano di un uomo con sapienza tale da poter costruire tanta magnificenza.
Dopo pranzo a scelta pomeriggio libero o visita di Sidi Bou Said, il famoso quartiere degli artisti.
Per finire in serata tra avenue Burghiba e piazza 11 gennaio, il cuore della moderna Tunisi.

(Tunisi)
Per rivivere questo favoloso viaggio nei fantastici mosaici che il museo del Bardo conserva. Ritroveremo i condottieri, gli imperatori, le divinità, le battaglie, le feste, la vita quotidiana, la campagna, le fiere e gli spettacolari gladiatori…
L’edificio del Museo un tempo era la residenza ufficiale del Bey di Tunisi.
Il Museo del Bardo ripercorre la storia della Tunisia dalla preistoria al protettorato francese, però il periodo Romano è dominante e i mosaici del periodo romano provenienti principalmente dai siti che abbiamo visitato sono la meraviglia di questo museo, la più grande collezione del mondo. Ce ne sono centinaia, alcuni enormi di oltre 140 mq, bellissimi, colorati, con forme che t’incantano e ti proiettano indietro nel tempo, nelle scene di vita quotidiana e nella mitologia, nella vita dei grandi personaggi storici, nella lussuria, nell’ozio, nelle guerre e nel lavoro dei campi …
Un viaggio nell’arte antica per rivivere le tappe di questo favoloso viaggio nella Tunisia Romana.
In tarda mattinata trasferimento in aeroporto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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